Scienze

Facebook, versione di Instagram per “under 13”

Facebook sta lavorando ad una versione di Instagram per ‘under 13’, in termini di sicurezza più adatta ai più piccoli. Mark Zuckerberg non ci sente sulla tutela dei minori e pensa ad una versione di Instagram, il social network di proprietà di Facebook, per ‘under 13’, appunto.

Instagram under 13, ecco le novità

L’indiscrezione è di queste ore e arriva dal sito americano Buzzfeed News che è venuto in possesso di una nota interna della società. L’attuale policy di Instagram – come tanti altri social network come Facebook, Instagram, Twitter, Snapchat e WhatsApp – vieta ai minori di 13 anni di utilizzare il servizio.

Sono entusiasta di annunciare che per il futuro prossimo abbiamo individuato nei giovanissimi una priorità per Instagram” –  ha scritto Vishal Shah, vicepresidente del prodotto di Instagram su una bacheca destinata alle comunicazioni tra i dipendenti.

Instagram under 13, a capo del progetto lo stesso di YouTube Kids

E’ quindi “stretta per gli under 13” che, grazie a tecnologie di intelligenza artificiale e avvisi di sicurezza, faranno comprendere ai giovani di essere più cauti nelle conversazioni con gli adulti.

Secondo quanto riporta il sito americano, il progetto sarebbe supervisionato da Adam Mosseri, capo di Instagram, e guidato da Pavni Diwanji, assunto da Facebook a dicembre, ma che in precedenza ha lavorato per Google al progetto YouTube Kids. E, in merito a Google, c’è un precedente.

A settembre 2019, la Federal Trade Commission americana ha inflitto a Google una multa di 170 milioni di dollari per aver raccolto dati dei minori su YouTube, senza il consenso dei genitori, per mostrare loro annunci rilevanti.

Social e minori, in Italia le misure attuali al momento non sono adeguate

Intervistato da Buzzefeed, Mosseri ha dichiarato che i bambini chiedono sempre più spesso ai loro genitori il permesso di iscriversi su social network che usano i loro amici, in modo da sentirsi integrati e restare al passo coi loro coetanei. Questo giustifica il motivo della decisione presa da Facebook, ma assecondare quelle richieste potrebbe non essere la mossa più giusta.

Perché? 

Finirebbe, sì, per catturare una fascia d’età, peraltro ‘scoperta sul mercato’, per andare a posizionarsi meglio rispetto alla concorrenza, ma che, invece, non dovrebbe essere incoraggiata dai social network. E, ancora, a quale prezzo?

Instagram per gli under 13 richiederà ai minori un ruolo attivo come la condivisione di immagini e contenuti personali. E, dare ai genitori il controllo, non significa che questi, nella realtà dei fatti, seguiranno con attenzione l’attività dei figli sul social network…

Il caso TikTok e il Garante della protezione dei dati

Non a caso, su questa linea prudenziale, lo scorso febbraio, a seguito di un intervento del Garante della protezione dei dati personali italiano dopo fatti di cronaca che hanno riguardato minori, TikTok ha deciso di richiedere agli utenti la loro età, così da cancellare i profili degli iscritti con meno di 13 anni.

La questione è spinosa. Una volta che al minore è stato consentito, di fatto, l’ingresso nel mercato della rete, lo si espone, come è successo e succede, a  frequenti e gravi abusi.

Sì, perché la protezione dei minori nel mondo digitale è questione delicatissima, sottoposta all’attenzione di molti organismi e assemblee internazionali, tenuto conto che le misure standard di tutela si sono rivelate insufficienti. E voi, genitori,  che ne pensate?

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Twitch e moderazione, come funziona e come abbonarsi

Twitch e moderazione, come funziona e come abbonarsi. Tra le tante piattaforme di streaming in tempo reale esistenti Twitch.TV, è sicuramente la più famosa al mondo, contando a oggi milioni di utenti attivi che parlano di videogiochi e non solo.

Twitch e moderazione, l’idea di Justin Kean e Emmet Shear

Nata dall’idea di Justin Kan e Emmett Shear che nel 2007 crearono Justin.tv, trasformandolo poi in Twitch.tv nel 2011, la piattaforma è arrivata ad essere la quarta in classifica a generare più traffico su internet negli Stati Uniti. Dal 2014, inoltre, Twitch è stato venduto ad Amazon per una cifra pari a 970 milioni di dollari a vantaggio di diversi cambiamenti, come ad esempio la possibilità di collegare l’account Twitch all’abbonamento ad Amazon Prime.

Il colosso “viola” dello streaming permette a chiunque di approcciarsi al suo mondo. Cosa c’è da sapere? Per iscriverti ed entrare a far parte di questo universo interattivo ti basta creare un account Twitch, cliccando su Iscriviti in alto a destra oppure in basso a sinistra sotto la dicitura “Entra nella community di Twitch!” inserendo i tuoi dati (nome, cognome, email e data di nascita) o collegandoti con un account Facebook.
Però, se non vuoi creare un account di Twitch, puoi comunque vedere le live, ma non potrai comunicare tramite la chat, seguire lo streamer in modo da sapere quando è online o creare a tua volta dirette streaming (streammare). 

Le funzioni di un account Twitch di base sono molteplici e tutte disponibili gratuitamente. Oltre ad accedere alla galleria di giochi trasmessi in tempo reale, Twitch TV permette di:

  • Scegliere chi seguire per ricevere aggiornamenti e sapere sempre quando lo streamer è online;
  • Supportare i tuoi streamer preferiti con donazioni o tramite abbonamento con un costo mensile;
  • Utilizzare la chat in tempo reale, comunicando sia con gli altri utenti sia con lo streamer stesso;
  • Streammare a tua volta.

Come abbonarsi

Diversi i vantaggi che la piattaforma può offrire, a partire dall’account gratuito o con l’abbonamento a Prime (a pagamento). Twitch Prime è la versione a pagamento dell’account di Twitch: il profilo premium.

Con l’account Premium di Twitch si ottengono diversi vantaggi come:

  • Ricevere un abbonamento gratuito al canale del tuo streamer preferito senza alcuna limitazione;
  • Accedere a contenuti gratuiti di giochi selezionati da Twitch ogni mese e, in alcune occasioni, ricevere giochi gratis;
  • Ricevere skin esclusive, personaggi, potenziamenti e molto altro per i tuoi giochi preferiti;
  • Utilizzare nelle chat delle remote esclusive;
  • Poter usufruire della chat dal vivo;
  • Colorare i messaggi che invii;
  • Archiviare i tuoi video (se sei uno streamer) fino a 60 giorni, invece dei 14 inclusi nell’account base;
  • L’assenza di pubblicità (che non compromette però i guadagni dello streamer basati su di esse);
  • Infine, una coroncina affianco al tuo nickname che dimostra che possiedi un account Twitch Prime.

 

Come avere Twitch Prime

Abbonarsi a Twitch Prime è molto semplice. Come? Devi, innanzitutto, essere iscritto ad Amazon Prime e successivamente collegare Amazon Prime a Twitch. Se non hai mai usufruito di Amazon Prime, e di conseguenza di un account Twitch Prime, hai diritto a una prova gratuita di 30 giorni, potendo decidere al termine del periodo di prova se rinnovare l’abbonamento (36 euro annuali) oppure annullarlo.

Ecco come collegare il tuo account Prime a Twitch per usufruire dell’account premium:

  • Collegarsi ad Amazon con il tuo profilo abbonato ad Amazon Prime;
  • Cliccare su “Il mio account“;
  • Scorrere fino alla dicitura “Altri account”;
  • Cliccare su “Impostazioni account Twitch”;
  • Cliccare su “Collega un account Twitch”.

Puoi collegare il tuo account Twitch ad Amazon Prime anche dalla piattaforma, direttamente dalle impostazioni del tuo account, cliccando su “Twich Prime” e poi su “Collega il tuo account Prime”.

E, non è finita, questo è utilizzabile sia da browser che da app, compatibile con numerosi dispositivi tra cui iOS, Android, Google Chromecast e Amazon Fire Stick.

I moderatori di Twitch

La piattaforma di live streaming di intrattenimento è tra quelle che applicano misure più rigide sulla moderazione dei contenuti e il blocco degli utenti. Che possa essere un modello per altri social?

Come su YouTube o TikTok, anche su Twitch le attività ruotano intorno ai creator, ciascuno con una propria community. E il 2020 – complice la Covid-19 e il Mondo costretto a casa a causa dalle restrizioni anti-contagio – è stato un anno record: 17 miliardi di ore di visualizzazione, in crescita dell’83% rispetto al 2019.

Una serissima e blindata policy interna che regolamenta i contenuti: per tutelare gli utenti, infatti, Twitch può intervenire per sospendere in qualsiasi momento gli account che svolgono attività o pronunciano parole inopportune, immorali o rischiose. Gli addetti della piattaforma si trovano quindi, di caso in caso, a scegliere se rimuovere i contenuti dannosi, mandare un avvertimento agli utenti responsabili o sospenderli direttamente.  

C’è di più

C’è di più. Non soltanto è possibile sospendere o bloccare gli account che ci infastidiscono, ma si possono eleggere “moderatori personali” che aiutino a moderare la community durante un livestream.  Insomma, la moderazione da parte degli utenti, qui, è, indubbiamente, più sviluppata rispetto ad altri social.

Il “permaban”: di cosa si tratta?

Lo spauracchio che fa da padrone per i creator, però, è soprattutto il ban imposto dalla piattaforma, che può essere immediato ed essere temporaneo (fino a 30 giorni) o a tempo indeterminato. Questo secondo caso in gergo si chiama “permaban” e non si può contestare (come succede con altri social) in nessun modo: può essere un grande problema per gli utenti che vivono dei ricavati della piattaforma, tramite donazioni e pubblicità. Ad attirare un ban, si legge guardando il regolamento pubblicato online, possono essere frasi o atteggiamenti violenti, contro la privacy, illegali, autolesionisti, pornografici, discriminatori, d’istigazione all’odio, lesive della dignità. Definizioni precise ma, diciamolo, anche decisamente troppo “aperte” e ampie. Diventa difficile, in buona sostanza, per molti creator pensare di aggirare così tanti divieti, che lasciano discrezionalità ai moderatori della piattaforma di decidere della loro carriera. 

Se, da un lato, la tecnologia e il mondo dei social corre “veloce” in rete, e nelle vite quotidiane, dall’altro il bivio è inevitabile e qual è il miglior approccio? Il confine si mantiene attorno a due: meno regole di moderazione che rischiano di lasciare impuniti alcuni comportamenti sbagliati o più regole che rischiano, però, di punire anche quando non sarebbe necessario? E, ancora, se i social “diventano tutto il mondo” dei bambini, dei ragazzi (e non solo) e di chi, come chi scrive, li usa per lavoro, qual è il rischio nella vita “reale”?

E’ un discorso lungo e complesso, così come l’impegno in tal direzione, che, da un lato, deve trovare il suo focus nella necessità di impedire che la distanza tra noi e i nativi digitali diventi incolmabile e, dall’altro, imparare dalla tecnologia, sempre più, per stare al passo con i tempi e per veicolare, al “meglio”, il proprio compito comunicativo/educativo, per interagire con i propri lettori o per lanciare iniziative sociali coinvolgenti.  

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Covid, esistono persone immuni “per natura”?

Covid, esistono persone immuni “per natura”? La Covid-19, con cui si convive da un anno, per molti aspetti è ancora un mondo sconosciuto. Perché alcuni sono immuni al coronavirus “per natura”. La scienza spiega “perché”, analizzando i casi delle persone che non si sono infettate nonostante fossero a contatto ravvicinato con familiari e amici contagiati. Negativi, eppure sempre accanto a familiari positivi.

Covid, immuni, resistenti e casi anomali 

Ci sono persone che non vengono contagiate dalla Covid anche se convivono e si prendono cura di positivi sintomatici, magari anche in condizioni gravi. Com’è possibile? Oltre alla categoria degli asintomatici ci sarebbe quindi quella dei “resistenti? Il merito sarebbe del sistema immunitario, ma i meccanismi della protezione vanno studiati a fondo.

Di casi simili ce ne sono migliaia, tanto da spingere oltre 250 laboratori in tutto il mondo, coordinati dalla Rockfeller University di New York ad indagare.

Immuni: l’ipotesi al vaglio degli scienziati

L’ipotesi, secondo un team di lavoro di scienziati e genetisti di Tor Vergata, è che esistano dei geni che rendono alcuni soggetti più protetti dal contagio. I casi di persone che hanno vissuto a stretto contatto con malati Covid, ma non sono mai state infettate sono al vaglio dei ricercatori italiani, che stanno analizzando i dati assieme a un consorzio internazionale.

«Quando c’è una pandemia i fattori in gioco sono il patogeno, l’ospite e l’ambiente, ossia il contesto in cui si sviluppa l’infezione – spiega Giuseppe Novelli, genetista del policlinico Tor Vergata di Roma e presidente della Fondazione Giovanni Lorenzini di Milano – Noi ci siamo concentrati sulla seconda. Studiamo il Dna delle persone, facciamo correlazione statistica in base all’età e al sesso».

Lo studio: le differenze genetiche

“Ci siamo prima concentrati sui malati gravi e abbiamo scoperto che esiste un 10-12 per cento di casi che hanno una caratteristica genetica particolare, non riescono cioè a produrre interferone che è la prima molecola di difesa – spiega ancora Novelli – Sulla base di questa esperienza ci siamo chiesti se ci sono differenze genetiche in quelli che noi chiamiamo i “resistenti”, cioè persone che quando convivono con un soggetto che è certamente positivo non solo non si ammalano, ma non si infettano nemmeno”. 

Ma per scoprire perché serve tempo. Il tema è infatti complesso, l’immunità non è data solo dagli anticorpi, c’è anche quella cosiddetta cellulare, che mantiene la memoria nel tempo, molto più a lungo degli anticorpi che possono anche scomparire.

Una risposta, insomma, al momento sembra non esserci: il dibattito è aperto e la scienza ha la necessità di tempo per passare dal campo delle ipotesi a quello delle evidenze.

 

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