Infodemia vs. Coronavirus: cos’è e cosa spaventa di più?

Infodemia vs. Coronavirus: cos’è e cosa spaventa di più? Secondo l’Oms il problema generato dal Coronavirus è l’infodemia, neologismo che indica letteralmente “quell’abbondanza di informazioni, alcune accurate e altre no, che rendono difficile per le persone trovare fonti affidabili quando ne hanno bisogno”. 

Da oltre un anno, al tempo della Covid-19, ovvero da febbraio 2020, lo certifica anche un’istituzione internazionale, e non una caso. C’è una sindrome che condiziona pesantemente la nostra mente, la nostra attenzione, la nostra capacità di comprensione, di elaborare le informazioni che riceviamo e di ricostituirle. 

Infodemia vs. Coronavirus, le fonti qualificate

A febbraio scorso, all’alba dell’emergenza sanitaria da Coronavirus, l’allarme non pareva essere “solo” o “tanto” il Coronavirus, ma quello relativo all’approvvigionamento di informazioni, non necessariamente errate, ma che per eccesso e mancanza di accuratezza, rimandavano, anche, a significati distorti, poi i fatti di cronaca, al netto del bilancio di vite umane perse, hanno dato la misura della pandemia, e oggi?

Cosa ne pensa, ancora oggi, come allora, l’Oms? Per l’Organizzazione mondiale della Sanità a complicare la gestione dell’epidemia concorre la diffusione di fake news sul virus, sulla pericolosità e sui rimedi.

Infodemia e pandemia

Una pioggia incessante di notizie in cui si intersecano e si confondono verità e falsità, dicerie e conferme, ipotesi, congetture, opinioni personali assolutizzanti (…?!), assiomi, teoremi e chi più ne ha ne metta.

E…da chiunque si improvvisi virologo, scienziato, infettivologo o, peggio ancora, da chi quel ruolo, di fatto, lo ricopre, o dovrebbe… Senza contare, non ultimo, che gli organi di stampa non sono secondi a nessuno in termini di “infodemia” in relazione alla pandemia/e, appunto. L’allarme è stato lanciato dall’Oms e poi, in parallelo alla “strage umana, ci si è dovuti pre-occupare di rispondere a falsi miti e voci sul virus di Wuhan. 

L’Oms e la lotta contro le fake news

Ancora oggi, l’organizzazione con sede a Ginevra è particolarmente impegnata nella gestione delle notizie che riguardano il Coronavirus e che è decisivo sotto diversi punti di vista: in primis per la gestione dell’epidemia del virus in senso stretto, ma anche per gli effetti che gli allarmi “immotivati” provocano nella popolazione.

Ce li ricordiamo i casi di intolleranza nei confronti di cittadini cinesi in giro per il mondo, Italia compresa? 

Tali e tante le fake news che sono circolate, allora come oggi, ma quali sono (state) le principali diventate anche più virali del virus? Quelle secondo cui esistano antibiotici o la vitamina C e cibi come l’aglio necessari alla cura del virus o che l’infezione si trasmetta attraverso lettere e pacchi postali provenienti dalla Cina.

Troppe fake news in giro, insomma, secondo gli esperti medici e…non solo. 

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In Guinea ritorna l’epidemia di Ebola

In Guinea ritorna l’epidemia di Ebola. L’allarme arriva dopo la scoperta di sette casi di febbre emorragica. Non bastava la Covid-19, nel mondo, ora torna anche l’Ebola.

Guinea, dal covid agli altri virus

In piena pandemia Covid, mentre da più parti in Italia gli esperti invocano un nuovo lockdown nazionale o l’alternanza delle zone a colori, si torna a parlare di Ebola. L’Africa occidentale sta affrontando la sua prima recrudescenza del virus Ebola dalla fine dell’epidemia devastante, che ha colpito il continente tra il 2013 e il 2016, la peggiore mai registrata del virus, causando oltre 11.300 morti in 10 Paesi della regione.

La nuova epidemia di Ebola in Guinea: ieri e oggi

Anche allora l’epidemia era iniziata in Guinea, nella stessa regione sud-orientale dove sono stati scoperti i nuovi casi. Il virus è stato identificato per la prima volta nel 1976 nello Zaire, oggi Repubblica Democratica del Congo. Il caso iniziale, il cosiddetto paziente indice, è stato segnalato nel dicembre 2013.

Si ritiene che un ragazzo di 18 mesi di un piccolo villaggio della Guinea sia stato infettato da pipistrelli. Dopo che in quella zona si sono verificati altri cinque casi di diarrea fatale, il 24 gennaio 2014 è stato emesso un allarme medico ufficiale ai funzionari sanitari del distretto.

La prima ondata di Ebola fu identificata ufficialmente il 23 marzo 2014 dall’Organizzazione mondiale della sanità, con 49 casi confermati e 29 decessi, nella regione rurale boscosa della Guinea sud-orientale. Questi  primi casi segnarono l’inizio dell’epidemia di Ebola in Africa occidentale, la più grande nella storia. 

Qual è la situazione oggi?

Il capo dell’Agenzia nazionale per la sicurezza sanitaria Sakoba Keita ha spiegato che una persona è morta alla fine di gennaio a Gouecke, nella Guinea sud-orientale, vicino al confine con la Liberia. La vittima è stata sepolta il 1° febbraio e alcuni giorni dopo alcune persone che hanno preso parte al funerale hanno iniziato ad avere diarrea, vomito, sanguinamento e febbre: i sintomi tipici dell’Ebola.

Il nuovo focolaio è scoppiato in Guinea dopo che tre persone sono morte e almeno sette nuovi casi del virus mortale sono stati confermati, tanto che il primo ministro Ibrahima Kassory Fofana ha subito parlato di “epidemia”.

Non avveniva da 5 anni

Non avveniva da 5 anni. Tutte le persone che sono state a contatto sono in isolamento. La presenza dell’Ebola è stata confermata da un laboratorio della capitale. I casi sono stati riscontrati nella regione di Nzerekore, dove nel 2013 era scoppiata l’epidemia.

Però, il lato positivo è che sia la Guinea che l’OMS hanno affermato di essere meglio preparate ad affrontare l’Ebola ora rispetto a cinque anni fa grazie ai buoni progressi sui vaccini.

Guinea, Sierra Leone e Liberia hanno sopportato il peso della precedente epidemia, ma come molti Paesi dell’Africa occidentale, la Guinea ha risorse sanitarie limitate. Senza considerare che ha anche registrato circa 15mila casi di Covid e 84 morti.

Come si trasmette e si manifesta il virus

Ebola, un virus estremamente aggressivo e, spesso fatale, che appartiene alla famiglia dei Filoviridae, e la cui letalità varia dal 25% al 90%, a seconda del ceppo. La trasmissione avviene attraverso il contatto con sangue, secrezioni, organi o altri fluidi corporei di animali infetti. In Africa è stata documentata l’infezione a seguito di contatto con scimpanzé, gorilla, pipistrelli della frutta, scimmie, antilopi e porcospini trovati malati o morti nella foresta pluviale.

Il contagio è più frequente tra familiari e conviventi, per l’elevata probabilità di contatti e, generalmente, in condizioni igienico-sanitarie precarie. In 4 casi è stata documentata anche la trasmissione per via sessuale. Infezioni asintomatiche sono state documentate in uomini adulti in buona salute a contatto con scimmie o maiali infetti da un particolare ceppo di Ebola chiamato Restv.

L’infezione si manifesta con un decorso acuto: i soggetti malati sono contagiosi fino a quando il virus è presente nel sangue e nelle secrezioni biologiche. L’incubazione può andare da 2 a 21 giorni, a cui fanno seguito generalmente sintomi acuti caratterizzati da febbre, astenia, mialgie, artralgie e cefalea.

Mentre il mondo combatte contro la pandemia Covid-19, da quasi un anno, anche grazie ai vaccini, la cui efficacia (un nuovo studio Pfizer, in Israele, lo dà efficace), per l’Ebola non esiste ancora una cura.

Ad oggi, in fase di valutazione, esiste una ampia gamma di potenziali trattamenti tra cui emoderivati, terapie immunitarie e terapie farmacologiche in grado di migliorarne, quantomeno, la sopravvivenza.

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