Krav Maga, ma di cosa si tratta? L’espressione krav maga, in ebraico moderno, significa letteralmente “combattimento con contatto/combattimento a corta distanza”. E’ un sistema di difesa di origine israeliana sviluppato originariamente per contrastare le aggressioni antisemite negli anni 1960 e poi, successivamente, adottato dalle forze di difesa israeliane. Il Krav Maga deriva da una combinazione di tecniche provenienti da boxe, aikido, judo, karate, kung-fu e combattimento da strada.
È costruito estrapolando e semplificando i movimenti e le tecniche apprese attraverso lo studio delle arti marziali e degli sport da combattimento in modo da renderlo il più semplice ed efficace possibile in caso di aggressione. Il Krav Maga non è uno sport da combattimento né un’arte marziale, esso sviluppa lo studio di due situazioni: la difesa personale, intesa come prevenzione in caso di aggressione, e, in fase avanzata, il combattimento corpo a corpo. E’ il sistema di autodifesa più usato al mondo: lo praticano reparti speciali dell’esercito, guardie del corpo e addetti alla sicurezza.
La violenza non è forza ma debolezza
La violenza, sotto qualsiasi forma si presenti, è un male in continua evoluzione in una società dove resta alto il numero di femminicidi, in Italia e in Europa. Con femminicidio si intende l’omicidio di una donna in quanto donna. Dal primo femminicidio in Italia di una nobildonna palermitana, nel lontano 2 marzo 1911, ad oggi, i fatti di cronaca parlano di numeri da togliere il respiro: nel 2023 già 70 femminicidi in Italia mentre, nel mondo, 5 ogni ora, stando all’ultimo rapporto Onu. La violenza contro le donne, ma non solo, rappresenta una delle più gravi forme di violazione dei diritti umani.
Ho scoperto il Krav Maga grazie all’incontro con Carlo Garofano, così appassionato di questa disciplina che mi ha incuriosito fino al punto di volerne scrivere. Mi parla di lui, di cosa si occupa la sua associazione I.S.K.M e dove si può praticare a Genova. Mi colpisce – di lui – una frase “sempre studenti, qualche volta maestri”. I.S.K.M. nasce a Genova nel luglio del 2012. fondata da Carlo Garofano, presidente e responsabile tecnico per la Liguria della federazione europea di Krav Maga Richard Douieb ( F.E.K.M R-D). Durante i corsi vengono mostrate agli allievi varie tipologie di aggressioni con le relative tecniche di difesa, aggressioni che possono avvenire a scopo di rapina, di stupro, o più semplicemente per violenza gratuita e verranno trattati argomenti sulla psicologia comportamentale durante un’ aggressione. Inoltre, nei corsi avanzati, si simulano aggressioni con le armi (coltelli, pistole, bastoni), o qualsiasi oggetto atto ad offendere.
I corsi riprenderanno a Genova, nelle due strutture (orari consultabili sul sito): Palestra Italia (lunedì 25 settembre) e WELL & FIT (martedì 26 settembre).
Settembre il mese della prevenzione, il mese della ripartenza. Nonostante sia tradizionalmente associato con la fine dell’estate e l’imminente arrivo dell’autunno, settembre a me è sempre parso un mese di inizi, una sorta di primavera.
A settembre, c’è nell’aria una strana sensazione che accompagna l’attesa. E ci rende felici e malinconici. Un’idea di fine, un’idea di inizio. Sì, perché abbiamo continuamente bisogno di nuovi inizi.
Prendendo a prestito una celebre frase di Marilyn Monroe «c’è un momento che devi decidere: o sei la principessa che aspetta di essere salvata o sei la guerriera che si salva da sé… Io credo di aver già scelto… Mi sono salvata da sola».
E voi?
Ogni volta che una donna lotta per se stessa, lotta per tutte le donne e… per tutta l’Umanità.
Meglio vivere più in “difesa” che “indifese”…no?
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…
Donne e lavoro, il divario di genere al tempo della Covid: cosa è cambiato? Quali sono stati, e sono, gli effetti della crisi da Coronavirus? In Italia i divari di genere sul tasso di occupazione e di inattività sono tra i più ampi in Europa. Una situazione che rischia di aggravarsi nel tempo, a causa delle conseguenze economiche della crisi sanitaria in corso.
Eurostat ha pubblicato un report, a maggio 2020, sui progressi dell’Unione Europea verso i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile stabiliti dalle Nazioni Unite. Tra questi l’uguaglianza di genere, ancora lontana da raggiungere in particolare nel mondo del lavoro, dove la situazione delle donne è ancora fortemente svantaggiata, come sottolineato nel report.
Qual è il ruolo delle donne nel mondo del lavoro? Le donne continuano ad avere più difficoltà degli uomini nella ricerca di un lavoro, elemento reso evidente dal divario occupazionale di genere, che si mantiene stabile negli anni invece di diminuire.
Una disparità dovuta in gran parte a un altro aspetto preoccupante che emerge dal report, cioè l’inattività femminile per motivi di cura. È alle donne che vengono principalmente affidate le responsabilità familiari, di cura dei figli o dei parenti anziani. Motivo che spesso le spinge a rimanere al di fuori del mercato del lavoro, confinate tra le mura domestiche ad assolvere ruoli “assistenziali” verso la famiglia.
Le condizioni lavorative delle donne, il mondo femminile, in sintesi, più fragile e persino più esposto alla recessione da Covid, sta peggiorando a seguito degli effetti dell’emergenza sanitaria. Da un lato, con la chiusura delle scuole, molte più donne che uomini hanno preso la scelta obbligata di rimanere a casa a curare i propri figli.
Dall’altro, i settori lavorativi a maggior presenza femminile sono stati i più colpiti dalle chiusure e dalle regole sul distanziamento sociale: la ristorazione, il turismo e la cultura, le attività commerciali.
Il tasso di occupazione delle donne è di 18 punti percentuali più basso di quello degli uomini, il lavoro part time riguarda il 73,2% le donne ed è involontario nel 60,4% dei casi. I redditi complessivi guadagnati dalle donne sul mercato del lavoro sono in media del 25% inferiori rispetto a quelli degli uomini.
Stando all’ultimo Rapporto Caritas, le donne che hanno chiesto aiuto da maggio a settembre, subito dopo il lockdown, sono state il 54,4% contro il 50,5% del 2019. Una situazione delle donne, insomma, fortemente discriminata.
Il Recovery plan dell’allora governo Conte, il piano nazionale di ripresa e resilienza, approvato a gennaio 2021, allora, è una occasione da non perdere per cominciare ad aggredire le profonde diseguaglianze di genere che attraversano il nostro Paese, a partire dal mercato del lavoro, sebbene ancora in via di definizione.
All’Italia andranno 210 miliardi di euro, di cui 144,2 miliardi finanzieranno nuovi progetti mentre i restanti 65,7 miliardi sono destinati a progetti in essere. L’azione di rilancio del Paese tracciata dal Piano è guidata da obiettivi di policy e interventi congiunti ai tre assi strategici condivisi a livello europeo quali la digitalizzazione e innovazione, la transizione ecologica e l’inclusione sociale.
E, più precisamente, tra i vari obiettivi mira al rafforzamento del ruolo della donna, al contrasto alle discriminazioni di genere.
La ragione principale del divario occupazionale riguarda il peso del lavoro di cura dei figli, delle persone anziane non autosufficienti e delle persone con gravi disabilità, che grava sulle spalle delle donne e che è assolutamente sproporzionato fra i generi. Il 65% delle donne fra i 25 e i 49, con figli piccoli fino ai 5 anni, non sono disponibili a lavorare per motivi legati alla maternità e al lavoro di cura.
Sono i paesi dell’Europa meridionale e orientale a superare la media europea sul divario occupazionale di genere (11,4). L’Italia è al terzo posto con 19,6 punti di differenza tra occupati uomini e donne, preceduta solo da Malta e Grecia, entrambe con 20 punti di divario.
Se è vero che le donne occupate in Italia sono aumentate nel corso di 10 anni, è altrettanto vero che, ad oggi, sono ancora poco più della metà (53,8%). Dall’altra parte gli uomini occupati sono lievemente diminuiti (-0,4%), ma costituiscono il 73,4% della popolazione maschile.
Sarà necessario continuare analizzare la situazione mese per mese, aspettandoci che le conseguenze della crisi da Covid-19 sul mondo del lavoro e sulla presenza delle donne al suo interno continueranno a farsi sentire nel corso del tempo…
Sono nata a Modena, correva l’anno 1972, modenese da generazioni (e me ne vanto), ma ligure di adozione dal 2007. La mia Genova, un po’ matrigna. Ti respinge, ma poi ti ama… Ho sempre sognato di fare la scrittrice: ero convinta che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo. Reporter di viaggi e inviata stampa, per vent’anni, esclusivamente sulla carta stampata, tra premi letterari e il profumo di qualche libro a mia firma. E poi? Un balzo sul digitale, nell’anno bisestile e, dulcis, al tempo del Coronavirus. Amante viscerale degli animali, della natura, del mare, dell’avventura, del viaggiare al di là dei confini del mappamondo per raccontare i veri luoghi e la vera vita della gente del mondo. Appassionata di comunicazione, letteratura di viaggio, sociale, cronaca di vita, fotografia, musica e libri. E di racconti, di storie, di tante storie da raccontare…